http://www.ilnuovoagricoltore.it/perche-abbandonare-aratura-e-lavorazioni-i-motivi-scientifici-di-una-scelta-vincente/
Perché abbandonare aratura e lavorazioni profonde: i motivi scientifici di una scelta vincente
Aratura sì e aratura no: anche nel nostro portale, quando affrontiamo l’argomento si scatenano i commenti più vari e le diverse opinioni (tutte legittime, ci mancherebbe altro). Oggi tuttavia prendiamo spunto da un ottimo articolo di Roberto Guidotti uscito su Il Contoterzista, per andare un po’ al di là delle impressioni e delle prese di posizione e fornire alcune motivazioni, per così dire su base più scientifica, che riteniamo molto utili al dibattito. E soprattutto per convincere anche i più scettici che una prova vale la pena farla, almeno su un pezzetto della propria terra, per sostituire aratura, erpicature eccetera con la minima lavorazione o, quando le condizioni lo permettono, con la semina su sodo.
Perché si chiama agricoltura conservativa
L’agricoltura è conservativa perché sfrutta più di quella convenzionale la capacità del suolo agricolo di rigenerare una propria struttura fisica simile, ma non identica, a quella presente in natura.
L’obiettivo dell’agricoltura conservativa risiede nella capacità del terreno agrario di mettere a disposizione delle colture gli elementi nutritivi, riducendone le perdite per dilavamento o percolazione; quindi è necessario creare uno strato di suolo molto permeabile e capace di assorbire elevati quantitativi di acqua, e per questo è fondamentale che vi sia un’elevata presenza di sostanza organica.
L’indispensabile lavoro dei microrganismi del suolo
Per ottenere questo risultato è necessario ridurre il disturbo indotto dalle lavorazioni. Elemento fondamentale e decisivo di questa tecnica è il lavoro svolto dai microrganismi e dalla microfauna che sono naturalmente presenti nel terreno agrario e che si nutrono della sostanza organica apportata dalle colture. È grazie agli enzimi prodotti dai microrganismi che è possibile scomporre in molecole e ioni uno stocco di mais in pochi mesi.
La struttura del terreno agrario in condizioni ottimali è determinata dalla composizione granulometrica (sabbia, limo e argilla) e dalla capacità delle particelle minerali di legarsi tra loro: in presenza di certi composti organici prodotti dai microrganismi, si formano aggregati stabili che mantengono il terreno areato, permeabile e resistente all’erosione.
Il ruolo fondamentale dei residui colturali
I residui colturali che si accumulano in superficie e lì vengono lasciati o al massimo leggermente interrati, rilasciano composti organici che si legano alle particelle minerali (e in particolare ai microscopici foglietti di cui sono composte le argille) e che garantiscono da un lato una forte capacità assorbente e dall’altro lato un rilascio lento e costante. In pratica le tecniche conservative migliorano la capacità del suolo di assorbire e scambiare le molecole dei nutrienti, in primo luogo i nitrati, che invece in un terreno povero di composti organici passano rapidamente nella soluzione circolante e di qui nelle falde e nei corsi di acqua.
I sei princìpi base dell’agricoltura conservativa
L’agricoltura conservativa si fonda sui seguenti principi:
- Equilibrio tra apporto e degradazione di sostanza organica.
- Creazione e mantenimento di un’intensa attività dei microrganismi e della fauna terricola.
- Riduzione dell’azione di disturbo provocata dalle lavorazioni.
- Creazione e mantenimento di uno strato di terreno fertile, areato e permeabile, resistente al dilavamento dei nutrienti e all’erosione superficiale.
- Controllo accurato dei passaggi per evitare il compattamento.
- Ripristino della fessurazione naturale e delle permeabilità del suolo con attrezzature specifiche.
La minima lavorazione e/o la semina diretta sono le uniche tecniche che permettono di rispettare i sei principi fondamentali sopra elencati.
Occorre avere pazienza per ottenere i risultati ottimali
Poiché gran parte del successo dell’agricoltura conservativa si fonda sulla decomposizione della sostanza organica, sulla migrazione dei suoi componenti in profondità e sulla costituzione di un nuovo equilibrio strutturale del terreno, occorrono alcuni anni affinché i nuovi processi si realizzino in pieno, e quindi per l’agricoltore si tratta di un investimento di medio periodo.
È quindi un grave errore ritenere che l’agricoltura conservativa possa essere una pratica “di rapina”, legata solo alla decisione repentina di ridurre le lavorazioni. Si tratta invece di un percorso che va programmato sin dalla raccolta della coltura precedente, evitando i calpestamenti eccessivi e il traffico di camion sui campi, e dalla corretta gestione dei residui colturali lasciati in campo o delle cover crops.
Gli agricoltori – e sono ormai tanti – che applicano l’agricoltura conservativa registrano un aumento del tasso di sostanza organica negli appezzamenti, ma anche della stabilità strutturale del suolo e quindi della sua portanza, che permette di ridurre gli effetti dannosi del calpestamento che, ovviamente, non è possibile evitare del tutto. Ecco la spiegazione: in un terreno “minerale”, in buona salute e ben strutturato, le particelle terrose tendono a scorrere più facilmente fra di loro in presenza di elevata umidità, non essendo frenate dai composti colloidali che legano tra loro le particelle minerali.